Come Scegliere Gestore dei Risparmi

Risulta essere ora di decidere a chi affidare i nostri risparmi. Una scelta fondamentale. Possiamo dedicare le nostre energie a tenere sotto controllo la situazione finanziaria e il nostro prezioso tempo a valutare le migliori scelte d’investimento. Ma se poi ci rivolgiamo all’intermediario sbagliato, questi sforzi si rivelano inutili.

Al contrario, se la persona e l’istituzione cui ci siamo rivolti sono affidabili, competenti e capaci di interpretare correttamente i nostri bisogni, il più è fatto.

La scelta dell’intermediario è insomma, di quelle fondamentali.

Evitare di scegliere a occhi chiusi o solo in base alla comodità. Secondo le stime dell’Adusbef, la principale associazione di tutela dei risparmiatori, negli ultimi dieci anni 200 mila risparmiatori sono stati coinvolti in dissesti finanziari, rimettendoci complessivamente 5 mila miliardi. Ma il rischio maggiore non è quello delle truffe, casi isolati e sempre più rari da quando, con la legge 1/91 e il successivo “Testo unico della finanza”, l’intermediazione finanziaria in Italia è stata strettamente regolata. Bensì quello di ritrovarsi con intermediari inefficienti, incompetenti o più attenti ai propri interessi che non a quelli del cliente.

La banca

Risulta essere l’ intermediario più tradizionale. Ogni agenzia ha il suo funzionario addetto all’ufficio titoli. Dal punto di vista della sicurezza è la controparte più affidabile. Sotto il controllo della Banca d’Italia, oltre che della Consob e regolate da parametri rigidi, in termini di solidità patrimoniale, le banche in Italia non possono fallire.

L’altra faccia della medaglia è l’efficienza. Vissute fino a pochi anni fa in un regime di quasi monopolio nel mercato del risparmio, le banche offrono un servizio che spesso lascia a desiderare. Non è raro trovare addetti poco preparati, strutture inadeguate e, soprattutto, vedersi raccomandare quei prodotti (come obbligazioni, certificati di deposito, gestioni patrimoniali e fondi fatti in casa) che rappresentano la migliore opportunità di reddito soprattutto per la banca stessa.

La Società d’intermediazione

Con il nome di Sim, società d’intermediazione mobiliare, è designata qualunque società autorizzata in Italia a raccogliere o gestire il risparmio del pubblico. L’Albo delle Sim autorizzate è tenuto dalla Consob. Se si hanno dei dubbi, meglio consultarlo.

Il Promotore Finanziario

Per la distribuzione al pubblico di prodotti finanziari, le Banche e le Sim si avvalgono dei Promotori Finanziari, che sono gli unici professionisti, oltre ai dipendenti bancari (esclusivamente nell’ambito della Banca) e agli Agenti delle assicurazioni (per i prodotti assicurativi) autorizzati a raccogliere il risparmio.

Sono i professionisti della vendita di prodotti finanziari. Sono generalmente più preparati e motivati dei loro colleghi bancari. Anche perché di solito non sono dipendenti, ma guadagnano in relazione al numero di clienti e al volume d’affari. I Promotori devono superare un severo esame di Stato per essere iscritti nell’albo di categoria.

Devono portare con loro, e mostrare ai potenziali clienti, la lettera di incarico ricevuta dalla Banca o Sim per conto della quale operano.

Tutto chiaro?

È facile porsi la domanda: “Mi posso fidare?”. La risposta è sì, a patto di seguire qualche semplice regola. Basta poco per avviare un rapporto soddisfacente con l’intermediario e per mettersi al riparo da brutte sorprese.

A chi consegnare il denaro. Innanzitutto verifichiamo che chi ci propone l’investimento sia autorizzato a farlo. Ricordiamo che le società se non sono Banche, devono essere iscritte all’ Albo delle Sim. Lo stesso vale per l’intermediario in carne e ossa: deve essere un Promotore Finanziario o un Agente Assicurativo. Nel caso dei bancari, il problema non si pone, in quanto possono operare soltanto all’interno della Banca per cui lavorano.

Non esistono alti rendimenti garantiti
Diffidare di chi promette rendimenti più alti rispetto a quelli correnti dei titoli di Stato. Per avere guadagni superiori, si deve correre un rischio superiore, dunque niente di garantito.

Leggere, meditare e poi decidere
Chi propone un prodotto finanziario, deve consegnare il prospetto informativo. Facciamoci spiegare le diverse voci. E se è il caso, meditiamoci qualche giorno con la dovuta calma.
È un documento di legge, che contiene tutte le informazioni necessarie a valutare caratteristiche, rischi e prospettive dell’investimento. Evitiamo di firmare un contratto se non abbiamo compreso tutte le clausole. Alla larga da coloro che mettono fretta!

Ricordiamoci infine, di non effettuare pagamenti a favore del promotore, il quale, per la sicurezza sua e dei suoi clienti, in nessun caso può maneggiare e quindi accettare denaro contante, ma solo assegni bancari o circolari muniti della clausola di non trasferibilità. Gli Assegni o bonifici, invece, vanno intestati alla Società d’intermediazione, alla Compagnia di Assicurazione o alla Banca.

Asset Allocation – Cosa Significa

Asset allocation significa letteralmente la locazione delle attività.

Un’analisi di Ibbotson Associates di Chicago indica che i fattori che spiegano il rendimento ottenuto da un portafoglio di strumenti finanziari è dovuto all’asset allocation iniziale per il 91,5%, alla selezione dei singoli titoli (stock picking) per il 4,6%, alla scelta del momento più opportuno d’acquisto (market timing) per l’1,8% ed altri fattori residuali per il 2,1%.

L’asset allocation è la ripartizione del proprio portafoglio (il capitale) tra i diversi strumenti finanziari (azioni, obbligazioni, liquidità) e i mercati delle diverse aree geografiche internazionali.

Infatti, decisa l’allocazione tra strumenti azionari e obbligazionari del proprio capitale, bisogna scegliere la corretta diversificazione tra i mercati azionari e obbligazionari del mondo.

Nella diversificazione della quota di capitale destinata all’investimento azionario si possono acquistare quote di fondi comuni azionari delle diverse aree geografiche internazionali; per la parte destinata al mercato obbligazionario bisogna tenere conto della valuta e della duration dei titoli che si vogliono tenere in portafoglio, i fondi obbligazionari sono un buono strumento per chi non ha capitali consistenti, per chi ha le conoscenze e la possibilità di permettersi una buona diversificazione, una gestione personale è sicuramente più economica.

L’operazione di asset allocation deve essere continuamente rivista periodicamente per due motivi:

Nel tempo i diversi investimenti sicuramente avranno rendimenti diversi, nel lungo periodo si presuppone che l’investimento azionario si rivaluterà di più di quello obbligazionario incidendo sulle percentuali iniziali di divisione del capitale tra azioni e obbligazioni. In questo caso bisogna riequilibrare l’investimento alla propria propensione al rischio decisa inizialmente.

In un’ottica di diversificazione tra i diversi mercati internazionali dovranno essere riviste con una certa periodicità le scelte iniziali , in quanto possono essere venute a meno le condizioni che avevano portato all’inserimento nel portafoglio di alcuni mercati; in particolare potrebbero venire a meno le condizioni che ritenevamo favorevoli in un’ottica di ottimizzazione del nostro portafoglio.

Partecipando ad una gestione patrimoniale in fondi l’asset allocation è il valore aggiunto del servizio rispetto all’acquisto diretto di quote di diversi fondi comuni d’investimento

Inflazione – Significato e Definizione

L’inflazione è il nemico numero uno di ogni investitore perché mette in pericolo giorno dopo giorno il valore del patrimonio e quindi la capacità di acquistare in futuro beni e servizi.

Comunemente si descrive come la crescita del livello generale dei prezzi di beni e servizi per un lasso di tempo prolungato.

Le cause dell’inflazione possono essere diverse; la più comune consiste in un aumento della moneta in circolazione, che determina un aumento della domanda dei beni, la cui quantità resta immutata.
Si manifesta con un aumento costante del livello dei prezzi, che provoca una caduta del potere d’acquisto del denaro, creando scompiglio economico.

Come si calcola l’inflazione?
L’inflazione si calcola attraverso degli indici di mercato e lo studio e l’analisi dell’andamento sono affidati, come nella maggior parte degli Stati, all’ISTAT.

l’Istituto centrale di statistica (ISTAT) utilizza principalmente tre indici:

indice dei prezzi all’ingrosso (rileva le transazioni commerciali fra imprese)
indice dei prezzi al consumo (rileva le transazioni intercorrenti fra le imprese e le famiglie)
indice del costo della vita ( rileva i consumi di una famiglia tipo in base ad un paniere di beni che viene aggiornato periodicamente)
Quest’ultimo indice viene rilevato periodicamente, con cadenza mensile, in venti città italiane, per determinare le variazioni del cosiddetto ‘indice dei prezzi al consumo’, importante per calcolare l’andamento del costo rappresentativo degli effettivi consumi delle famiglie in un anno.

Come Funziona il Leasing Immobiliare

Il mondo del credito si è arricchito, e si arricchisce giorno per giorno, di nuovi e sempre diversi strumenti finanziari volti a supportare l’acquisto di numerosi beni, primo tra tutti quello di un immobile. Al giorno d’oggi però è possibile scegliere in alternativa al mutuo un nuovo strumento creditizio ovvero il leasing immobiliare.

Si tratta di sue prodotti assolutamente differenti tra loro che si differenziano soprattutto per quanto attiene alle profonde divergenze presenti nelle strutture normative.

I mutui si contraddistinguono per una struttura molto più rigida e inflessibile a differenza di quella del leasing che al contrario si caratterizza proprio per il suo essere estremamente flessibile e malleabile.

Il leasing immobiliare è un contratto atipico, relativamente a cui è possibile vedere questa guida sui contratti atipici su Dirittofacile.net. Quando si stipula un contratto di leasing immobiliare solitamente una società di leasing acquista o fa costruire un immobile scelto dall’azienda o anche da un privato cittadino, in base alle esigenze e le aspettative di questo, per poi concederglielo successivamente per un periodo di tempo contrattualmente determinato fino al momento del riscatto.

Solo una volta giunti al termine del contratto il locatario può scegliere dopo aver beneficiato della deduzione dei canoni dal reddito imponibile, se acquistare o meno l’immobile oggetto del contratto, ad un prezzo stabilito precedente nel momento della stipula contrattuale: i vantaggi offerti da un leasing immobiliare sono molti, soprattutto da un punti di vista fiscale, i tassi di interesse rispetto a quelli di un mutui sono minori quindi anche il costo delle rate mensili si abbassa notevolmente.

Ma quanto dura un piano d’ammortamento di un leasing immobiliare? Se un contratto gode di una durata superiore ai 15 anni, è sempre possibile determinare canoni deducibili?

Partiamo con il dire che in seguito alla circolare emanata dall’Agenzia dell’Entrate sono state semplificate alcune procedure rendendo più chiari alcuni aspetti inizialmente soggetti a facili confusioni, in ogni caso la durata minima prevista per un contratto di leasing è di otto anni, una durata inferiore infatti pregiudica la deducibilità dei relativi canoni; se invece è compresa tra 8 e 15 anni ( esempio 12 anni ), la durata minima del contratto deve corrispondere a tale valore, in questo caso quindi 12 anni.

Fondi e Stili di Gestione

Le Società di Gestione del Risparmio (SGR) e le SICAV si avvalgono dei gestori per esercitare l’attività di gestione collettiva dei risparmi.

Il decreto legislativo 24 febbraio 1998 n° 58 – modello unico – nel titolo III° regola le modalità in cui le società di gestione possono esercitare l’attività di gestione collettiva del risparmio, le società autorizzate sono iscritte in un apposito albo tenuto presso la Banca d’Italia, inoltre con il provvedimento Banca d’Italia 20 settembre 1999 si ha un regolamento recante le disposizioni per le società di gestione del risparmio.

Il gestore è quella figura alla quale viene affidata la gestione del portafoglio titoli (azioni e/o obbligazioni) del fondo o della SICAV di riferimento.

Il compito della società digestione per un qualsiasi portafoglio di un fondo comune d’investimento o di una SICAV si può semplificare in tre fasi:

Asset allocation: è il posizionamento del portafoglio in gestione tra i diversi mercati azionari e/o obbligazionari del mondo rispettando il benchmark di riferimento di ciascun fondo.

Market timing: è la decisione che spetta ai gestori per scegliere il miglior momento per entrare o uscire dai mercati di riferimento o più semplicemente la scelta dei tempi d’acquisto o di vendita di un titolo.

Stock picking: è la selezione dei titoli in base alle loro prospettive di crescita.

Il testo unico della finanza in vigore dal 1 luglio 1998 stabilisce che la gestione collettiva del risparmio è riservata alle SGR e alle SICAV.

I gestori di fondi o SICAV devono conformarsi ad alcuni principi di correttezza:

Comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, nell’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati.

Acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati

Disporre di risorse e procedure, anche di controllo interno, idonee ad assicurare l’efficiente svolgimento dei servizi.

Svolgere una gestione indipendente, sana e prudente e adottare misure idonee a salvaguardare i diritti dei clienti sui beni affidati.

Organizzarsi in modo tale da ridurre al minimo il rischio di conflitti d’interesse e, in caso di conflitto, agire in modo da assicurare comunque ai clienti “trasparenza ed equo trattamento”

Fino ad oggi non si è mai verificato un provvedimento da parte degli organi di controllo.

Gli stili di gestione

Quando dobbiamo scegliere un gestore di fondamentale importanza è lo stile di gestione che questo adotta per scegliere i titoli che ha in portafoglio nel fondo comune o SICAV che gestisce.

Non tutti i gestori adottano la stessa filosofia di gestione, questo perchè non tutti i titoli che possono essere inseriti nel portafoglio del fondo comune d’investimento sono uguali.

Infatti, i titoli possono essere divisi a seconda della loro capitalizzazione, ossia, facendo riferimento alla loro grandezza in: piccoli – medi – grandi (small – mid – large).

Questa suddivisione non ha uno schema uguale per tutti i mercati, una società di media capitalizzazione italiana può considerarsi piccola per un mercato come quello americano, per questo è importante legare l’azione al proprio mercato di riferimento altrimenti si rischia di fare confusione e di considerare tutte le società piccole o al massimo di media capitalizzazione.

Inoltre, il gestore quando sceglie i titoli tra i piccoli, medi e grandi può farlo seguendo due diversi stili: value e growth.

Un gestore si definisce value quando pone l’analisi fondamentale alla base della sua scelta, sceglie quei titoli che ritiene sottovalutati dal mercato e si aspetta che il prezzo dell’azione nel medio-lungo termine sia destinato a crescere per allinearsi a valori dei prezzi delle azioni delle societò concorrenti dello stesso settore che in quel momento costano di più.

Un gestore growth non valuta l’azione per il suo prezzo di mercato, ma per le potenzialità di crescita che ha la stessa e la sua capacità di fare utili nel futuro. Contrappone all’analisi fondamentale del titolo l’analisi sulle attese di sviluppo del business societario, scegliendo quelle società che possono avere un tasso di crescita tale da creare utili inattesi dagli analisti.

I gestori non hanno nessun vincolo giuridico da questa classificazione, ossia, non devono dichiarare il proprio stile per legge nel prospetto informativo o in qualsiasi altra fonte, ma ogni gestore ha una preferenza di stile e le performances dei loro fondi rispecchiano le loro scelte che possono cambiare strada facendo in qualsiasi momento.

Ci sono invece, case di gestione che dichiarano il loro stile e per questo sono tenute a seguire tale stile e a non distaccarsi da questo nella scelta dei titoli da mettere in portafoglio.

Esistono fondi comuni d’investimento che hanno indicizzato il loro rendimento a quello dei benchmark relativi (index funds), significa che investono il loro portafoglio cercando di comprare gli stessi titoli che compongono il paniere del benchmark rispettandone anche il peso in percentuale, questo tipo di gestione è detta passiva stile core.