Come Risparmiare Energia Quotidianamente

meno ed essere energeticamente autonomi servono piccoli gesti, alcuni accorgimenti e qualche investimento. Ecco alcune cosa da sapere o semplicemente ricordare per vivere nel quotidiano in maniera ecologica risparmiando.

Piccoli gesti
Per ridurre le spese quotidiani essere ecologici ed autonomi bastano piccoli gesti.
Si può cominciare utilizzando solo lampadine a basso consumo, spegnere totalmente (non in stand-by) tutti gli apparecchi quando non vengono utilizzati, staccare dalle pareti i caricatori non in uso. Questi accorgimenti ti aiutano a risparmiare in un anno almeno 100 euro.
Investimenti sulla manutenzione della casa più finalizzati alla riqualificazione energetica sono: cambio degli infissi, installazione dei doppi vetri per non disperdere il calore che c’è all’interno.

Acquisti e riciclo
Quando si fa la spesa, scegliere in base agli imballaggi: meno ce ne sono meglio è. L’obiettivo è quello di ridurre al minimo i rifiuti. Fare poi la raccolta differenziata è un obbligo oltre che morale, di legge e non prendere multe una forma di risparmio.

Sfruttare il sole
Sfruttare i benefici del sole è la scelta primaria per produrre energia rinnovabile e pulita. Dai pannelli solari ai mini impianti fotovoltaici, dal solare termico ai piccoli oggetti dotati di celle, il sole è una risorsa naturale disponibile in abbondanza e assolutamente ecologica che ci permette di risparmiare.

Sfruttare il vento
Così come è possibile sfruttare l’energia del sole, tanto vale per l’energia eolica. Grosse pale eolico non sono alla portata di tutti ma spesso ci si può avvalere di mini impianti eolici per il tetto disponibili in commercio.

Energie alternative
Camminare, correre, fare piccoli gesti può generare corrente elettrica. Se si pensa che in Asia alcune piazze pubbliche alimentano i lampioni dell’intera area grazie al passaggio dei passanti è davvero straordinario.
Nel nostro piccolo possiamo pensare di collegare una cyclette ad un generatore per alimentare una turbina elettrica.
La realizzazione dell’impianto non è molto complessa ed è sempre possibile contattare un professionista e farsi aiutare da lui. In alternativa si può acquistare un’unità completa già montata. Così sarà possibile fare ginnastica e allo stesso tempo produrre corrente.

Evitare le pile
Di oggetti che aiutano a risparmiare energia ce ne sono tanti. Dai caricatori solari a quelli eolici, dai telecomandi ad energia cinetica agli orologi che funzionano ad acqua. Le vecchie ed inquinanti pile stanno finendo pian piano nel dimenticatoio a fronte di nuove, sane ed ecologiche energie rinnovabili automatizzate.

Monitorare l’energia consumata
Se hai dotato la tua abitazione di impianti fotovoltaici, è fondamentale che continui l’investimento rimodernando gli elettrodomestici. Da oggi non hai più bisogno del gas. Con l’energia elettrica puoi fare tutto: cucinare, riscaldarti e rinfrescare gli ambienti. Sostituisci la vecchia cucina a gas con una nuova cucina elettrica. Installa i condizionatori e spegni i termosifoni.
Essere a conoscenza di dove e quando l’elettricità viene utilizzata, può ridurre incredibilmente il consumo di energia. Esistono dei monitor che controllano l’energia sprecata in tutta la casa. Un sensore è installato nella rete elettrica, e l’utente può vedere quanta energia viene consumata. Ne esistono di diverse tipologie e costi: i più economici si aggirano intorno ai 40 euro.

Raccogliere acqua piovana
Anche l’installazione di una cisterna per raccogliere l’acqua piovana rappresenta un risparmio energetico. L’utilizzo più immediato è quella per lo scarico del bagno o per annaffiare le piante.

Utilizzare la rete per risparmiare
Internet è il sistema di comunicazione più diffuso al mondo. Utilizzare i programmi esistenti come Skype ed altri per chiamare, Facebook per chattare e Skebby per inviare sms è assolutamente conveniente. Verificare sempre se esistono “hotspot” ovvero zone wireless, che ti permettono di collegarti gratuitamente ad internet con il tuo portatile o cellulare.

Coltivare in casa
Un terrazzo o un semplice vaso permette il raccolto di qualche sano alimento. Coltivare un piccolo orto sul terrazzo o sul balcone, costituisce uno dei piccoli piaceri della vita a cui non si dovrebbe rinunciare. Mangiare prodotti di cui si conosce la provenienza non è cosa da poco, ancor meno lo è mangiare prodotti appena raccolti. Non è necessaria grande metratura né grande dispendio di tempo e denaro.

Mobilità
La prima cosa da considerare prima di uscire di casa è la possibilità di andare a piedi o con i mezzi pubblici. Nella maggior parte dei casi lo spostamento con i mezzi pubblici è più economico dell’auto e, soprattutto in città, fa risparmiare tempo. In alternativa si può optare per la bicicletta: non necessita di carburante, è veloce e ti permette di fare attività fisica.
Se poi si deve cambiare l’auto è d’obbligo valutare l’acquisto di un’auto elettrica.

Come Diventare un Macellaio

Il macellaio non si limita a vendere la carne, ma può svolgere varie attività, che vanno dalla scelta e acquisto degli animali presso gli allevamenti, alla macellazione degli stessi, al disosso e al taglio della carne per la commercializzazione, oltre alla preparazione di insaccati, salsicce, hamburger, spiedini e altre specialità gastronomiche. Deve conoscere l’anatomia degli animali e possedere una buona manualità, per imparare a utilizzare i coltelli e i vari strumenti adatti per lavorare i tagli di carne.

Il macellaio può lavorare:
in un macello: macella gli animali secondo le indicazioni di un veterinario;
in un salumificio: lavora i vari tagli e prepara i salumi;
in un esercizio commerciale: vende le carni al pubblico. Per questa attività sono necessarie disponibilità al rapporto col cliente, capacità di consigliare nella scelta e anche, se richiesto, di fornire ricette.
I processi di lavorazione avvengono in appositi laboratori con l’ausilio di tecnologie d’avanguardia.

Formazione

Occorre qualche anno di esperienza pratica per acquisire competenza e preparazione adeguate. Non esiste una formazione specifica a livello di scuola secondaria superiore, ma solo corsi di formazione professionale.

Alcune associazioni di categoria del settore offrono corsi solo ai propri associati, altre anche a esterni.
A questo proposito segnaliamo il corso organizzato annualmente dal Nuovo CESCOT Emilia Romagna – Confesercenti Bologna di Addetto al banco carni, finanziato dal Fondo Sociale Europeo e quindi gratuito, per complessive 530 ore (400 ore dedicate alla lavorazione e allo studio in aula e 130 ore di stage presso aziende), con obbligo di frequenza, riservato a maggiorenni, disoccupati, in possesso di diploma di scuola secondaria di primo grado (ex licenza media). Il numero massimo di partecipanti è 14 e le lezioni si svolgono generalmente da settembre a maggio oppure da giugno a settembre (corso intensivo).

Ci sono poi fiere a cui è importante partecipare per approfondire la conoscenza della professione e delle nuove attrezzature e impianti utili per la lavorazione e conservazione delle carni.

Accesso alla professione

Presso supermercati e centri commerciali, ci sono molte richieste di personale già specializzato, come ad esempio macellaio-salumiere addetto alle vendite da banco. Per coloro che desiderano mettersi in proprio la scelta più conveniente è quella di rilevare un’attività già esistente e avviata. Per aprire una nuova attività occorre effettuare la comunicazione al Comune di residenza.

La normativa prevede inoltre il possesso di uno tra i seguenti requisiti
-avere esercitato in proprio, per almeno due anni nell’ultimo quinquennio, l’attività di vendita di prodotti alimentari;
-avere prestato la propria opera, sempre per due anni negli ultimi cinque, presso imprese esercenti l’attività nel settore alimentare, in qualità di dipendente qualificato addetto alla vendita o all’amministrazione o in qualità di coadiutore nell’impresa esercente l’attività nel settore alimentare;
-avere frequentato con esito positivo un corso professionale per il commercio relativo al settore alimentare istituito o riconosciuto dalla Regione.
Infine si deve richiedere l’autorizzazione sanitaria che viene rilasciata dalla ASL competente per zona.

Come Aprire un Negozio di Detersivi alla Spina

Tra le molte offerte di ‘nuove attività’, questo tipo di impresa, propone una formula abbastanza originale rispetto alle altre.
La novità nel business (come in ogni tipo di impresa) può essere un elemento positivo ma deve in ogni caso andare incontro alle VERE necessità dei consumatori.

Vediamo ora di capire come funziona questo modello di business.

Qualche anno fa arrivò sul mercato italiano questa proposta commerciale che si concretizzava attraverso l’apertura di punti vendita al pubblico sia nelle grandi città che nei piccoli centri e che univa sostanzialmente due vantaggi :
-uno di carattere prettamente economico : il risparmio per l’acquirente. Una cosa sicuramente molto apprezzata da ogni consumatore;
-l’altro aspetto, fa riferimento alla difesa dell’ambiente attraverso l’eliminazione di una parte degli imballaggi. Cioè, va incontro a quelle sensibilità ed attenzioni che sono andate crescendo nell’opinione pubblica nel corso degli anni.

In questi anni, sono stati avviati centinaia di negozi indipendenti o legati a marchi più o meno conosciuti, includendo anche una serie di punti vendita localizzati all’interno di altre strutture commerciali che distribuiscono questi prodotti.

La formula commerciale adottata in questo settore non è univoca.
Da una parte, sono nate parecchie offerte in franchising, cioè, le soluzioni ‘chiavi in mano’ con cui si prospetta l’apertura di un negozio completo e si garantisce anche l’approvvigionamento futuro del materiale a costi concordati.
Dall’altra, ci sono molti produttori e commercianti di questi prodotti che si impegnano a fornire all’esercente finale tutto il materiale necessario senza però ‘obbligarlo’ all’apertura di un negozio in franchising, evitando di legarlo così ad un contratto più o meno rigido.

Vale la pena aprire un negozio di detersivi alla spina?
Questa, è la domanda più importante di un’attività!
Nell’arco di questi anni, sono comparsi moltissimi negozi ma occorre anche segnalare la presenza di tanti fallimenti e/o attività che sono tutt’ora aperte ma lamentano la mancanza di risultati economici lusinghieri.
Riassumendo, molte luci ed ombre che sono connesse con questo tipo di attività.

Vediamo ora di elencare alcuni elementi positivi ed anche qualche criticità.
Quali sono i punti di forza e di debolezza di questo tipo di attività?

Tra i vantaggi, segnaliamo
la possibilità da parte dell’esercente di acquistare questi prodotti a prezzi molto interessanti da fornitori e disporre quindi di buoni margini sul prezzo finale.
Quindi, riuscire ad offrire al consumatore un prodotto di qualità a prezzi molto competitivi anche rispetto alla grande distribuzione ed alle varie catene commerciali specializzate;
presentarsi al mercato con un’immagine che evoca alcuni concetti come : ‘il rispetto dell’ambiente, la riduzione dei rifiuti, ecc..
In concreto, rispondere a quelle esigenze sempre più diffuse fra la popolazione di preservare il proprio territorio ed esercitare un consumo più sostenibile.

Ore proviamo ad elencare le criticità che si sono riscontrate in questi anni e che hanno influito anche negativamente sull’andamento di molte attività aperte.
Tra queste
-la iperspecializzazione di questo tipo di attività, se da un lato permette una buona visibilità, dall’altro, ne rappresenta anche il suo maggiore limite, in particolare se consideriamo due elementi :
-la necessità di giungere ad un fatturato complessivo che permetta di coprire i costi, l’ammortamento degli investimenti e garantire nel contempo una redditività sufficiente al business.
Questo modello di business, prevede la vendita di detersivi e quindi, il fatturato (ed i risultati aziendali) è connesso solo a questo tipo di prodotto, quindi, nello sviluppo del progetto, occorre considerare l’incidenza dei costi e degli investiment;
-potere disporre di un’utenza che ‘entra’ nel negozio solo per comprare questo prodotto. Questo, va un po in controtendenza con quanto sta avvenendo nella grande distribuzione (centri commerciali, discount, ecc.), dove è possibile trovare tutto (qualsiasi prodotto) in un solo punto vendita.
I consumatori hanno sempre meno tempo a disposizione e tendono a concentrare gli acquisto (compresi i detersivi) all’interno di strutture in grado di offrire altre tipologie di prodotti.
In più, occorre sottolineare che stanno ‘aprendo’ un po ovunque catene di negozi e discount specializzati in prodotti per pulizia ed igiene personale che includono anche i detersivi.

Quindi, si sta assistendo ad un incremento dell’offerta che potrebbe ‘marginalizzare’ ulteriormente quei punti vendita di detersivi alla spina indipendenti e non collocati all’interno di altre strutture.
A conferma di questo, occorre considerare che il vero soggetto ‘avvantaggiato’ in questo tipo di business è il produttore o grossista di questi prodotti che attraverso i negozi indipendenti (alcuni legati a lui da contratti di varia natura : franchising, fornitura continuativa del materiale, ecc.), riesce disporre di un canale privilegiato per distribuire la propria produzione.

Abbiamo ricordato che esistono varie offerte in questo ambito e come per ogni soluzione in franchising, occorre poi verificare le varie condizioni e clausole incluse nel contratto :
-i costi di acquisto del materiale di approvvigionamento;
-l’investimento ‘chiavi in mano’;
-i limiti all’indipendenza dell’affiliato;
-il valore aggiunto della soluzione;

In ogni caso, prima di aprire un negozio di questo tipo, è bene studiare il proprio mercato di riferimento per comprendere realmente se questo è in grado di rispondere positivamente ad un tipo di offerta simile. Per dettagli è possibile leggere anche questa guida su Tuaimpesa.net.

L’ampiezza del mercato, la tipologia di consumatori, la presenza di altri competitor, ecc., costituiscono gli altri aspetti da considerare per giungere ad una valutazione serie e concreta di qualunque business, compreso naturalmente anche questo.

Cosa Sono i Biocarburanti

I biocarburanti sono nuovi tipi di combustibile ottenuto da colture come il mais e la canna da zucchero, che si trasformano in etanolo, e piante oleaginose come soia e colza, che diventano biodiesel.
A differenza del petrolio, i biocarburanti sono fonti energetiche rinnovabili.
Il lavoro degli scienziati sta andando verso biocarburanti più sostenibili rispetto a quelli sopracitati, ovvero ottenuti da fusti e foglie che non si mangiano o da alberi e alghe. Con questi biocarburanti di seconda generazione, non c’è più la necessità di togliere spazio alle colture alimentari. Anzi, si potranno valorizzare terreni di scarso valore agricolo, scegliendo colture che necessitano di poche cure (acqua, fertilizzanti, pesticidi, ecc) o che crescono anche in ambienti poco adatti alle normali colture alimentari.

Con il termine biocarburanti ci si riferisce a combustibili spesso molto differenti e che sono il risultato di processi di produzione talvolta molto diversi. Ecco i vari tipi.

Biodiesel
Il biodiesel è un carburante rinnovabile, prodotto da oli vegetali come l’olio di palma, l’olio di semi di colza, di girasole e di soia o anche da oli di frittura esausti o grassi animali. Nei trasporti si può utilizzare puro o miscelato al gasolio tradizionale.

Bioetanolo
Il bioetanolo è un alcol prodotto dalla fermentazione di componenti zuccherine di parti vegetali (canna da zucchero e cereali). L’etanolo può essere utilizzato come combustibile in forma pura, ma di solito viene aggiunto alla benzina.

Biogas
Il biogas compresso è ottenuto mediante digestione anaerobica di liquami e rifiuti organici agro-alimentari (ma anche dalla frazione umida dei rifiuti). Il processo produce metano che, depurato, entra nel circuito del gas naturale per i trasporti.

Come Diventare un Ottico

La professione dell’ottico non è una professione sanitaria ma rientra tra le “arti ausiliarie delle professioni sanitarie”.
Non si tratta quindi di un professionista sanitario che cura dei pazienti bensì di un professionista che si occupa dei mezzi correttivi dei difetti della vista che realizza e adatta su prescrizione del medico oculista; inoltre esegue trattamenti alle lenti e ne individua e corregge i difetti.
Può esercitare la sua attività in proprio come libero professionista, in aziende di strumentazione ottica o in laboratori di montaggio di lenti. Può operare anche all’interno di strutture sanitarie pubbliche o private in collaborazione con il medico oculista; come titolare di un negozio specializzato, o come lavoratore dipendente in un punto vendita di ottica, all’interno del quale commercializza ausili visivi (lenti, montature, lenti a contatto), di protezione dai raggi ultravioletti e apparecchiature scientifiche.

Per questa figura professionale l’aggiornamento professionale è fondamentale, deve costantemente adeguarsi alle nuove tecnologie, al rapido sviluppo nella produzione delle attrezzature, dei materiali, di strumentazioni sempre più sofisticate, seguire ricerche e studi a livello internazionale (gli ottici-optometristi e oculisti studiano ad esempio le conseguenze sull’occhio dell’uso sempre maggiore di schermi e visori che stanno sostituendo l’informazione cartacea).

In molti casi l’ottico esegue esami a clienti che riscontrano una diminuzione dell’acutezza visiva fornendo egli stesso lenti correttive, questa pratica non deve però sostituire la visita periodica dal medico oculista per verificare anche la salute dell’occhio (ed evidenziare eventuali patologie oftalmiche – ad esempio un problema della retina o, tramite l’esame del fondo oculare, anche problemi di salute generale).

Formazione
La formazione necessaria per diventare ottico può seguire diversi percorsi:
– conseguire il diploma di “Tecnico per i servizi socio-sanitari”, rilasciato da un Istituto Professionale – Settore servizi – Articolazione arti ausiliarie professioni sanitarie ottico. La durata è di 5 anni con al termine esame di Stato
oppure
– dopo il diploma secondario superiore, frequentare un corso biennale post-maturità abilitante alla professione;
– dopo il diploma secondario superiore, frequentare il corso di laurea di primo livello in Ottica e optometria presso le Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali (di alcune università italiane). La laurea non è considerata abilitante alla professione, per cui sarà successivamente necessario frequentare anche un corso per acquisire ulteriori competenze e riuscire a superare l’esame di abilitazione.

Per esercitare la professione di ottico occorre necessariamente essere in possesso di una specifica abilitazione professionale, che è possibile conseguire:
– al termine di un corso di studi quinquennale in un istituto professionale di Stato con indirizzo in ottica-optometria;
– frequentando specifiche scuole regionali, cui si accede dopo un biennio di scuola media superiore;
– frequentando specifici corsi biennali riconosciuti dalle Regioni, cui si accede con il diploma di maturità.

Un altro percorso formativo è costituito dal corso di studi universitari (laurea triennale). Le materie oggetto di esame sono: anatomofisiologia oculare, biologia, chimica, epidemiologia e biostatistica in optometria, farmacologia e tossicologia oculare, fisica ed applicazione dei laser, fisica sperimentale, fisiopatologia oculare e umana, igiene e sicurezza in optometria, laboratorio di fisica e di informatica, matematica, morfologia umana, ottica geometrica e oftalmica, ottica per la contattologia, ottica visuale, psicologia e psicofisica della visione, tecniche fisiche per l’optometria, strumenti ottici e struttura della materia.
Accesso alla professione
Per esercitare la professione di ottico è necessario conseguire la licenza di abilitazione.
Per gli Istituti professionali l’esame di abilitazione si svolge contemporaneamente a quello di maturità. Il candidato dovrà affrontare una prova pratica di laboratorio, il cui esito dovrà essere positivo pena la validità dell’esame; una prova scritta sulle materie caratterizzanti dell’ultimo anno; infine, una prova orale che comprende tutte le materie studiate nell’ultimo anno. Se risultato idoneo, si ottiene la licenza che consente l’esercizio della professione in qualità di dipendente presso studi di optometria e applicazione di lenti a contatto e presso negozi di ottica oppure in qualità di libero professionista.
La professione di optometrista è ancora priva di una regolamentazione giuridica, che ne definisca il profilo professionale e i relativi ambiti di lavoro.

Nell’Unione Europea
Per questa professione è in corso una rivisitazione dei percorsi formativi specifici per adeguarli a quelli di altri paesi europei. In Italia, ad esempio, l’optometria – scienza che deriva dall’ottica e che tende a perfezionare i metodi di studio dei difetti visivi e l’applicazione dei relativi rimedi – costituisce ancora una possibile fase del cursus formativo dell’ottico. All’estero, invece, la figura di ottico optometrista è in molti casi riconosciuta e il livello di formazione corrispondente è quello universitario.
I cittadini italiani che hanno conseguito un titolo professionale dell’area sanitaria in Italia e vogliono esercitare la professione in un altro paese comunitario devono presentare domanda di riconoscimento del titolo all’autorità competente del Paese estero.
Coloro che hanno conseguito all’estero un titolo professionale dell’area sanitaria e intendono esercitare la professione in Italia devono presentare al Ministero della Salute italiano una richiesta di riconoscimento del titolo, utilizzando gli appositi modelli scaricabili direttamente dalla pagina del sito del Ministero.