Mancato o Ritardo Pagamento Rate del Mutuo – Quali Sono le Conseguenze

Il ritardato pagamento di una rata comporta una serie di conseguenze non trascurabili ai fini del buon proseguimento del contratto di mutuo stipulato. Quando si tratta di un ritardo di una rata si viene a generare un costo (interessi di mora) che il mutuatario dovrà corrispondere all’ente finanziatore, come previsto dalle condizioni contrattuali.

Quando invece ci troviamo di fronte a casi di insolvibilità più marcati si può giungere alla risoluzione del contratto ( previsto dall’art. 40 del Testo Unico Bancario), l’ente erogante può pretendere il rimborso dell’intero capitale residuo sommato ad una quota di interessi ancora non maturati, quando il ritardo del pagamento si sia verificato per almeno 7 volte anche non consequenziali. La banca in presenza di un fideiussore, chiederà a quest’ ultimo di pagare le rate insolute più gli interessi di mora, o procede comunque al pignoramento con inevitabile vendita giudiziale del bene ipotecato quale garanzia del capitale prestato.

Tecnicamente si configura il ritardo del pagamento quando la rata è pagata tra il 30° ed il 180° giorno rispetto alla data di scadenza della stessa.

Il ritardo del pagamento delle rate del mutuo, può portare la segnalazione del mutuatario alla Centrale Rischi Finanziari Crif e registrato come cattivo pagatore.

Si consiglia, qualora si ritiene di non aver più la capacità economica di onorare il debito contratto, di contattare l’istituto di credito e trovare una soluzione al problema come magari rinegoziare il mutuo e magari prolungandolo di qualche anno al fine di avere delle rate più agevoli. Se non è possibile nemmeno rinegoziare il mutuo, prima che su di esso si attivi un’azione di pignoramento e prima che ci si ritrovi nella situazione di morosità, procedere alla vendita dello stesso immobile, per estinguere il debito contratto.

Come Sostituire il Bene Ipotecato per il Mutuo

Esistono delle circostanze in cui si necessità di mantenere il proprio mutuo ipotecario volendo sostituire l’immobile fornito a garanzia (ipoteca). Casi in cui ad esempio si vuole comprare un’altra casa conservando il vecchio mutuo utilizzato per comprare la prima casa (venduta o in fase di vendita), soluzione che permetterebbe in effetti di ridurre sostanzialmente le spese legate all’accensione di un nuovo mutuo.

Oppure chi ad esempio ha contratto un mutuo costruzione dando in garanzia la casa dei genitori, una volta terminati i lavori vuole spostare l’ipoteca sul nuovo immobile e tenersi il mutuo (per via delle migliori condizioni).

Operazioni formalmente verosimili previo l’intervento da parte di un notaio, salvo consenso da parte dell’Istituto Bancario per la sostituzione d’ipoteca (garanzia). Ribadiamo il concetto che a livello giuridico è possibile, nel caso di mutuo ipotecario, costituire in accordo con la parte mutuante (banca) una nuova ipoteca su altri beni immobili. Ipoteca che si formalizzerà con grado e data dal momento della sua iscrizione, con successiva cancellazione della vecchia garanzia iscritta presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari.

Praticamente rimane molto difficile ottenere quanto sopra descritto, primo perché le banche non vedono di buon occhio la sostituzione della garanzia, secondo perché tali operazioni non vengono considerate appetibili dal punto di vista economico, terzo perché generalmente le banche si trovano spiazzate di fronte a tali richieste perché non di consueta operatività. Soprattutto quando il mutuatario è un soggetto fallibile, la banca si troverà costretta, per forza di cose, a valutare tutti i rischi del caso poiché la nuova garanzia avrebbe effetto solo dopo il suo consolidamento successivo al sorgere del credito.

Le spese relative all’operazione di sostituzione del bene concesso in ipoteca sono riconducibili in sostanza alla cancellazione della precedente ipoteca e costituzione della nuova garanzia.

OPV – Definizione e Significato

L’offerta pubblica di vendita, comunemente denotata dalla sigla Opv, rappresenta, forse, il più importante strumento
giuridico/finanziario tramite il quale gli azionisti di controllo di una società offrono al pubblico dei risparmiatori tutte o
parte delle proprie azioni aventi diritto di voto. L’Opv è inoltre lo strumento principe attraverso cui si realizza la privatizzazione delle società pubbliche.

Con l’offerta pubblica di vendita i prodotti finanziari che ne formano oggetto sono offerti a un identico prezzo, determinato in funzione dei corsi borsistici se sono quotati. L’acquirente non può comprare un numero di prodotti finanziari inferiore a quello che costituisce il lotto minimo, e deve acquistarli rivolgendosi a una sola delle banche incaricate del collocamento. In questo modo, la legge garantisce che l’offerta sia veramente pubblica, siano cioè numerosi gli acquirenti.

Infatti, la funzione dell’Opv è di consentire la più ampia diffusione possibile dei prodotti finanziari di un emittente.
Meno nota dell’offerta di vendita è l’offerta pubblica di sottoscrizione. La differenza fra le due è semplice: tramite la
prima, l’offerente si impegna a vendere i titoli in suo possesso; nel secondo caso, vengono offerti prodotti finanziari di
nuova emissione: coloro che aderiscono a questo tipo di offerta, pertanto, in quanto primi prenditori di nuovi titoli, ne
sono propriamente sottoscrittori (e non acquirenti).

Offerta pubblica di vendita e di sottoscrizione costituiscono le due principali fattispecie della cosiddetta sollecitazione
all’investimento, disciplinata dagli articoli 94 e seguenti del Testo Unico della Finanza. Con questa dizione viene contemplata , con l’esclusione della raccolta dei depositi bancari o postali realizzata senza emissione di strumenti finanziari.
Perché l’offerta possa essere qualificata come pubblica, è necessario, tra l’altro, che soddisfi i seguenti requisiti: sia rivolta anche a soggetti diversi dagli investitori istituzionali (banche, Sgr, Sicav, Sim eccetera), che il numero di soggetti
ai quali si rivolge sia superiore a quello stabilito dalla Consob (al momento 200, precedentemente 300), e che il valore
complessivo dei prodotti offerti superi i 40mila euro.

Coloro che intendono procedere a una sollecitazione all’investimento sono tenuti a darne preventiva comunicazione alla
Consob, allegando un prospetto informativo redatto secondo precise modalità stabilite dall’Autorità stessa.
La comunicazione deve contenere una sintetica descrizione dell’offerta nonché l’indicazione dei soggetti che la promuovono. Il prospetto informativo, invece, deve fornire agli investitori le informazioni necessarie affinché essi possano pervenire a un fondato giudizio sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’emittente. Fra le altre indicazioni, il prospetto informativo deve anche contenere il prezzo di vendita o di collocamento, nonché la quantità dei prodotti
finanziari offerti. Queste due ultime informazioni, tuttavia, possono esserne fornite anche in un momento successivo,
tramite i cosiddetti avvisi integrativi.

Ricevuta la comunicazione, la Consob verifica se è necessario richiedere ulteriori informazioni; nel caso non ce ne sia
bisogno, autorizza la pubblicazione del prospetto informativo, il quale deve essere reso pubblico almeno cinque giorni
prima dell’inizio del periodo di adesione.

Il prospetto viene reso pubblico in tre modi: mediante deposito presso la Consob; mediante deposito di copie a disposizione di chiunque ne faccia richiesta presso l’offerente, l’emittente, gli intermediari incaricati del collocamento e la società di gestione del mercato (nel caso in cui oggetto dell’offerta siano strumenti finanziari quotati); mediante pubblicazione di un avviso su organi di stampa adeguatamente diffusi.
Il periodo di adesione ha inizio entro 60 giorni dalla data in cui è possibile pubblicare il prospetto (ossia dalla data di
autorizzazione della Consob a pubblicarlo) e non può avere durata inferiore a due giorni. L’adesione alla sollecitazione è
effettuata di norma mediante la sottoscrizione di un modulo appositamente predisposto dall’offerente.

Come si Richiedere lo Stato di Famiglia

Lo stato di famiglia è quel certificato che in Italia viene utilizzato per attestare la composizione della famiglia anagrafica. Per famiglia anagrafica si intende l’insieme di persone unite dal vincolo della parentela, coniugio, affinità, adozione o che per motivi affettivi instaurano una stabile convivenza (quest’ultima testimoniata dalla coabitazione stabile).
Quello che conta davvero nello stato di famiglia è che tutti vivano sotto lo stesso tetto, cioè nello stesso immobile e allo stesso indirizzo civico. Lo stato di famiglia può comprendere anche una singola persona, nel caso in cui questa viva da sola.

A differenza dello stato di famiglia, il nucleo familiare non necessariamente coincide con la famiglia anagrafica. Mentre per far parte dello stesso stato di famiglia tutti devono vivere nella stessa abitazione, le persone che compongono un nucleo familiare possono anche abitare molto distanti tra loro, come ad esempio il figlio che si allontana per motivi di studio ma che ancora dipende economicamente dai genitori

Il certificato serve sia nei rapporti con la pubblica amministrazione sia tra privati e può essere richiesto per svariati motivi: solo per fare un esempio, ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato occorre fornire, tra le altre cose, anche il proprio stato di famiglia.

Per uscire dallo stato di famiglia è sufficiente cambiare la residenza e andare a vivere da soli o con altre persone.

Il certificato di stato di famiglia deve essere richiesto all’ufficio anagrafe del Comune di residenza, presentando un documento d’identità. La validità del certificato è di sei mesi. Il costo è esiguo, a meno che non venga rilasciato su carta bollata: in questo caso v’è da pagare la marca, a carico del richiedente. È possibile, tuttavia, ottenere il certificato di stato di famiglia gratuitamente online utilizzando la carta dei servizi (cioè tessera sanitaria).

Nei rapporti con la pubblica amministrazione, il certificato può essere sostituito da un’autocertificazione.
Con l’entrata in vigore del D.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445, è iniziato nel nostro Paese, un importante processo di “sburocratizzazione” e di semplificazione amministrativa per
riformare la Pubblica Amministrazione e farla funzionare in maniera più efficace e trasparente.
L’autocertificazione permette ai cittadini di presentare, in sostituzione delle tradizionali certificazioni richieste, propri stati e requisiti personali, mediante apposite dichiarazioni sottoscritte (firmate) dall’interessato.
L’autocertificazione sostituisce i certificati senza che ci sia necessità di presentare successivamente il certificato vero e proprio.
Per scrivere il documento è possibile utilizzare questo modello autocertificazione stato di famiglia.

Di seguito tutte le informazioni necessarie alla compilazione dell’autocertificazione dello stato di famiglia
-dati anagrafici del soggetto che compila l’autocertificazione
-indirizzo completo dell’abitazione in cui vivono i soggetti inseriti nello stato di famiglia
-nome, cognome, luogo e data di nascita e stato civile di ciascun componente
-data e luogo di redazione dell’autocertificazione
-firma del soggetto che compila l’autocertificazione.

L’autocertificazione può essere presentata anche ai privati, come le banche, ma questi hanno la facoltà di accettarla o meno. Risulta essere invece impossibile seguire la via dell’autocertificazione nei rapporti con l’autorità giudiziaria.

Operazioni su Iniziativa delle Controparti

Assieme alle operazioni di mercato aperto e al sistema di riserva obbligatoria, le operazioni su iniziativa delle controparti costituiscono uno strumento di politica monetaria nell’ambito dell’area dell’euro.
Queste operazioni possono essere di due tipi: operazioni di credito, con le quali le istituzioni creditizie autorizzate (ossia
tutti gli istituti di credito soggetti a riserva obbligatoria) impiegano, al tasso di deposito marginale, eventuali eccedenze
giornaliere di liquidità presso la Banca Centrale Europea, oppure operazioni di debito, con le quali gli stessi soggetti autorizzati prendono a prestito dalla Bce, al tasso di rifinanziamento marginale, la liquidità di cui hanno bisogno per coprire eventuali deficit giornalieri di liquidità.

I due tassi sono particolarmente importanti perché, in condizioni normali, costituiscono il corridoio all’interno del quale
varia il tasso overnight di mercato (se questo fosse più alto del tasso marginale di finanziamento o più basso del tasso di
deposito, le banche – rispettivamente – non si finanzierebbero o non presterebbero sul mercato, ma esclusivamente presso la Bce, spingendo così il tasso di mercato al di sotto del primo o al di sopra del secondo, a seconda delle circostanze).
Per questo motivo, questi due tassi hanno un’importanza notevole nel segnalare l’orientamento della politica monetaria
nel medio termine, tanto più che la Banca Centrale può modificarli in misura diversa. Per esempio, il 9 aprile ’99 ha ridotto il tasso di deposito di 50 centesimi e quello di rifinanziamento di un punto percentuale, privilegiando così in maniera particolare il rifinanziamento bancario.

Di norma, le operazioni su iniziativa delle parti non sono soggette a limitazioni, benché la Bce abbia la possibilità di
imporre restrizioni, cosicché gli istituti di credito autorizzati possono ricorrervi tutte le volte che lo desiderano nella misura ritenuta più adeguata alle proprie esigenze.

Tuttavia, nel caso delle operazioni di debito, è necessario che gli istituti di credito prestino le dovute garanzie, sotto
forma di titoli stanziabili. Sono tali i titoli che presentano determinate caratteristiche di importanza per i mercati finanziari e per i sistemi creditizi, indipendentemente dal fatto che siano negoziabili o meno. Essi, in particolare, possono essere distinti in due categorie: attività di primo livello (titoli pubblici, obbligazioni emesse da istituti di credito, dalle
Banche Centrali e da imprese non finanziarie) e attività di secondo livello (altri tipi di strumenti, negoziabili e non).