Come Aprire un Negozio di Detersivi alla Spina

Tra le molte offerte di ‘nuove attività’, questo tipo di impresa, propone una formula abbastanza originale rispetto alle altre.
La novità nel business (come in ogni tipo di impresa) può essere un elemento positivo ma deve in ogni caso andare incontro alle VERE necessità dei consumatori.

Vediamo ora di capire come funziona questo modello di business.

Qualche anno fa arrivò sul mercato italiano questa proposta commerciale che si concretizzava attraverso l’apertura di punti vendita al pubblico sia nelle grandi città che nei piccoli centri e che univa sostanzialmente due vantaggi :
-uno di carattere prettamente economico : il risparmio per l’acquirente. Una cosa sicuramente molto apprezzata da ogni consumatore;
-l’altro aspetto, fa riferimento alla difesa dell’ambiente attraverso l’eliminazione di una parte degli imballaggi. Cioè, va incontro a quelle sensibilità ed attenzioni che sono andate crescendo nell’opinione pubblica nel corso degli anni.

In questi anni, sono stati avviati centinaia di negozi indipendenti o legati a marchi più o meno conosciuti, includendo anche una serie di punti vendita localizzati all’interno di altre strutture commerciali che distribuiscono questi prodotti.

La formula commerciale adottata in questo settore non è univoca.
Da una parte, sono nate parecchie offerte in franchising, cioè, le soluzioni ‘chiavi in mano’ con cui si prospetta l’apertura di un negozio completo e si garantisce anche l’approvvigionamento futuro del materiale a costi concordati.
Dall’altra, ci sono molti produttori e commercianti di questi prodotti che si impegnano a fornire all’esercente finale tutto il materiale necessario senza però ‘obbligarlo’ all’apertura di un negozio in franchising, evitando di legarlo così ad un contratto più o meno rigido.

Vale la pena aprire un negozio di detersivi alla spina?
Questa, è la domanda più importante di un’attività!
Nell’arco di questi anni, sono comparsi moltissimi negozi ma occorre anche segnalare la presenza di tanti fallimenti e/o attività che sono tutt’ora aperte ma lamentano la mancanza di risultati economici lusinghieri.
Riassumendo, molte luci ed ombre che sono connesse con questo tipo di attività.

Vediamo ora di elencare alcuni elementi positivi ed anche qualche criticità.
Quali sono i punti di forza e di debolezza di questo tipo di attività?

Tra i vantaggi, segnaliamo
la possibilità da parte dell’esercente di acquistare questi prodotti a prezzi molto interessanti da fornitori e disporre quindi di buoni margini sul prezzo finale.
Quindi, riuscire ad offrire al consumatore un prodotto di qualità a prezzi molto competitivi anche rispetto alla grande distribuzione ed alle varie catene commerciali specializzate;
presentarsi al mercato con un’immagine che evoca alcuni concetti come : ‘il rispetto dell’ambiente, la riduzione dei rifiuti, ecc..
In concreto, rispondere a quelle esigenze sempre più diffuse fra la popolazione di preservare il proprio territorio ed esercitare un consumo più sostenibile.

Ore proviamo ad elencare le criticità che si sono riscontrate in questi anni e che hanno influito anche negativamente sull’andamento di molte attività aperte.
Tra queste
-la iperspecializzazione di questo tipo di attività, se da un lato permette una buona visibilità, dall’altro, ne rappresenta anche il suo maggiore limite, in particolare se consideriamo due elementi :
-la necessità di giungere ad un fatturato complessivo che permetta di coprire i costi, l’ammortamento degli investimenti e garantire nel contempo una redditività sufficiente al business.
Questo modello di business, prevede la vendita di detersivi e quindi, il fatturato (ed i risultati aziendali) è connesso solo a questo tipo di prodotto, quindi, nello sviluppo del progetto, occorre considerare l’incidenza dei costi e degli investiment;
-potere disporre di un’utenza che ‘entra’ nel negozio solo per comprare questo prodotto. Questo, va un po in controtendenza con quanto sta avvenendo nella grande distribuzione (centri commerciali, discount, ecc.), dove è possibile trovare tutto (qualsiasi prodotto) in un solo punto vendita.
I consumatori hanno sempre meno tempo a disposizione e tendono a concentrare gli acquisto (compresi i detersivi) all’interno di strutture in grado di offrire altre tipologie di prodotti.
In più, occorre sottolineare che stanno ‘aprendo’ un po ovunque catene di negozi e discount specializzati in prodotti per pulizia ed igiene personale che includono anche i detersivi.

Quindi, si sta assistendo ad un incremento dell’offerta che potrebbe ‘marginalizzare’ ulteriormente quei punti vendita di detersivi alla spina indipendenti e non collocati all’interno di altre strutture.
A conferma di questo, occorre considerare che il vero soggetto ‘avvantaggiato’ in questo tipo di business è il produttore o grossista di questi prodotti che attraverso i negozi indipendenti (alcuni legati a lui da contratti di varia natura : franchising, fornitura continuativa del materiale, ecc.), riesce disporre di un canale privilegiato per distribuire la propria produzione.

Abbiamo ricordato che esistono varie offerte in questo ambito e come per ogni soluzione in franchising, occorre poi verificare le varie condizioni e clausole incluse nel contratto :
-i costi di acquisto del materiale di approvvigionamento;
-l’investimento ‘chiavi in mano’;
-i limiti all’indipendenza dell’affiliato;
-il valore aggiunto della soluzione;

In ogni caso, prima di aprire un negozio di questo tipo, è bene studiare il proprio mercato di riferimento per comprendere realmente se questo è in grado di rispondere positivamente ad un tipo di offerta simile. Per dettagli è possibile leggere anche questa guida su Tuaimpesa.net.

L’ampiezza del mercato, la tipologia di consumatori, la presenza di altri competitor, ecc., costituiscono gli altri aspetti da considerare per giungere ad una valutazione serie e concreta di qualunque business, compreso naturalmente anche questo.

Cosa Sono i Biocarburanti

I biocarburanti sono nuovi tipi di combustibile ottenuto da colture come il mais e la canna da zucchero, che si trasformano in etanolo, e piante oleaginose come soia e colza, che diventano biodiesel.
A differenza del petrolio, i biocarburanti sono fonti energetiche rinnovabili.
Il lavoro degli scienziati sta andando verso biocarburanti più sostenibili rispetto a quelli sopracitati, ovvero ottenuti da fusti e foglie che non si mangiano o da alberi e alghe. Con questi biocarburanti di seconda generazione, non c’è più la necessità di togliere spazio alle colture alimentari. Anzi, si potranno valorizzare terreni di scarso valore agricolo, scegliendo colture che necessitano di poche cure (acqua, fertilizzanti, pesticidi, ecc) o che crescono anche in ambienti poco adatti alle normali colture alimentari.

Con il termine biocarburanti ci si riferisce a combustibili spesso molto differenti e che sono il risultato di processi di produzione talvolta molto diversi. Ecco i vari tipi.

Biodiesel
Il biodiesel è un carburante rinnovabile, prodotto da oli vegetali come l’olio di palma, l’olio di semi di colza, di girasole e di soia o anche da oli di frittura esausti o grassi animali. Nei trasporti si può utilizzare puro o miscelato al gasolio tradizionale.

Bioetanolo
Il bioetanolo è un alcol prodotto dalla fermentazione di componenti zuccherine di parti vegetali (canna da zucchero e cereali). L’etanolo può essere utilizzato come combustibile in forma pura, ma di solito viene aggiunto alla benzina.

Biogas
Il biogas compresso è ottenuto mediante digestione anaerobica di liquami e rifiuti organici agro-alimentari (ma anche dalla frazione umida dei rifiuti). Il processo produce metano che, depurato, entra nel circuito del gas naturale per i trasporti.

Come Diventare un Ottico

La professione dell’ottico non è una professione sanitaria ma rientra tra le “arti ausiliarie delle professioni sanitarie”.
Non si tratta quindi di un professionista sanitario che cura dei pazienti bensì di un professionista che si occupa dei mezzi correttivi dei difetti della vista che realizza e adatta su prescrizione del medico oculista; inoltre esegue trattamenti alle lenti e ne individua e corregge i difetti.
Può esercitare la sua attività in proprio come libero professionista, in aziende di strumentazione ottica o in laboratori di montaggio di lenti. Può operare anche all’interno di strutture sanitarie pubbliche o private in collaborazione con il medico oculista; come titolare di un negozio specializzato, o come lavoratore dipendente in un punto vendita di ottica, all’interno del quale commercializza ausili visivi (lenti, montature, lenti a contatto), di protezione dai raggi ultravioletti e apparecchiature scientifiche.

Per questa figura professionale l’aggiornamento professionale è fondamentale, deve costantemente adeguarsi alle nuove tecnologie, al rapido sviluppo nella produzione delle attrezzature, dei materiali, di strumentazioni sempre più sofisticate, seguire ricerche e studi a livello internazionale (gli ottici-optometristi e oculisti studiano ad esempio le conseguenze sull’occhio dell’uso sempre maggiore di schermi e visori che stanno sostituendo l’informazione cartacea).

In molti casi l’ottico esegue esami a clienti che riscontrano una diminuzione dell’acutezza visiva fornendo egli stesso lenti correttive, questa pratica non deve però sostituire la visita periodica dal medico oculista per verificare anche la salute dell’occhio (ed evidenziare eventuali patologie oftalmiche – ad esempio un problema della retina o, tramite l’esame del fondo oculare, anche problemi di salute generale).

Formazione
La formazione necessaria per diventare ottico può seguire diversi percorsi:
– conseguire il diploma di “Tecnico per i servizi socio-sanitari”, rilasciato da un Istituto Professionale – Settore servizi – Articolazione arti ausiliarie professioni sanitarie ottico. La durata è di 5 anni con al termine esame di Stato
oppure
– dopo il diploma secondario superiore, frequentare un corso biennale post-maturità abilitante alla professione;
– dopo il diploma secondario superiore, frequentare il corso di laurea di primo livello in Ottica e optometria presso le Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali (di alcune università italiane). La laurea non è considerata abilitante alla professione, per cui sarà successivamente necessario frequentare anche un corso per acquisire ulteriori competenze e riuscire a superare l’esame di abilitazione.

Per esercitare la professione di ottico occorre necessariamente essere in possesso di una specifica abilitazione professionale, che è possibile conseguire:
– al termine di un corso di studi quinquennale in un istituto professionale di Stato con indirizzo in ottica-optometria;
– frequentando specifiche scuole regionali, cui si accede dopo un biennio di scuola media superiore;
– frequentando specifici corsi biennali riconosciuti dalle Regioni, cui si accede con il diploma di maturità.

Un altro percorso formativo è costituito dal corso di studi universitari (laurea triennale). Le materie oggetto di esame sono: anatomofisiologia oculare, biologia, chimica, epidemiologia e biostatistica in optometria, farmacologia e tossicologia oculare, fisica ed applicazione dei laser, fisica sperimentale, fisiopatologia oculare e umana, igiene e sicurezza in optometria, laboratorio di fisica e di informatica, matematica, morfologia umana, ottica geometrica e oftalmica, ottica per la contattologia, ottica visuale, psicologia e psicofisica della visione, tecniche fisiche per l’optometria, strumenti ottici e struttura della materia.
Accesso alla professione
Per esercitare la professione di ottico è necessario conseguire la licenza di abilitazione.
Per gli Istituti professionali l’esame di abilitazione si svolge contemporaneamente a quello di maturità. Il candidato dovrà affrontare una prova pratica di laboratorio, il cui esito dovrà essere positivo pena la validità dell’esame; una prova scritta sulle materie caratterizzanti dell’ultimo anno; infine, una prova orale che comprende tutte le materie studiate nell’ultimo anno. Se risultato idoneo, si ottiene la licenza che consente l’esercizio della professione in qualità di dipendente presso studi di optometria e applicazione di lenti a contatto e presso negozi di ottica oppure in qualità di libero professionista.
La professione di optometrista è ancora priva di una regolamentazione giuridica, che ne definisca il profilo professionale e i relativi ambiti di lavoro.

Nell’Unione Europea
Per questa professione è in corso una rivisitazione dei percorsi formativi specifici per adeguarli a quelli di altri paesi europei. In Italia, ad esempio, l’optometria – scienza che deriva dall’ottica e che tende a perfezionare i metodi di studio dei difetti visivi e l’applicazione dei relativi rimedi – costituisce ancora una possibile fase del cursus formativo dell’ottico. All’estero, invece, la figura di ottico optometrista è in molti casi riconosciuta e il livello di formazione corrispondente è quello universitario.
I cittadini italiani che hanno conseguito un titolo professionale dell’area sanitaria in Italia e vogliono esercitare la professione in un altro paese comunitario devono presentare domanda di riconoscimento del titolo all’autorità competente del Paese estero.
Coloro che hanno conseguito all’estero un titolo professionale dell’area sanitaria e intendono esercitare la professione in Italia devono presentare al Ministero della Salute italiano una richiesta di riconoscimento del titolo, utilizzando gli appositi modelli scaricabili direttamente dalla pagina del sito del Ministero.

Come Risparmiare Energia Cambiando Abitudini

L’Agenzia europea dell’ambiente ha pubblicato un rapporto che si interroga su cosa fare per raggiungere consistenti risparmi energetici attraverso il cambiamento dei comportamenti dei consumatori.

Fino al 20% dell’energia che attualmente consumiamo potrebbe essere risparmiata attraverso un adeguato cambiamento dei propri stili di consumo. In particolare l’Agenzia europea per l’ambiente evidenzia quattro punti:

Le politiche di efficienza energetica dovrebbero essere progettate tenendo in considerazione il fatto che molti fattori influenzano i comportamenti dei consumatori, ad esempio lo sviluppo tecnologico, la situazione economica generale, l’età, le norme sociali, i sistemi di valori, le caratteristiche culturali e le strategie di mercato. Perciò bisognerebbe concentrarsi sulle pratiche di consumo e su come queste si sviluppano nella società, coinvolgendo una gamma di attori molto ampia
Le modalità di fornire un riscontro sui propri consumi energetici dovrebbero essere migliorate. Senza un adeguato quadro di riferimento, i consumatori non possono sapere se i loro consumi sono eccessivi o no.
Dovremmo essere attenti al fatto che le infrastrutture energetiche giocano un ruolo attivo nel determinare cosa le persone considerano “normale” dal punto di vista del consumo di energia. Le auto che guidiamo, gli edifici in cui viviamo, il modo in cui i servizi energetici sono distribuiti: sono tutti fattori che influenzano il modo in cui pensiamo l’energia.
L’attuale modello di business per l’industria energetica dovrebbe essere modificato, in modo da permettere al consumatore di impegnarsi nel mercato energetico. Per esempio, le tariffe dell’energia più flessibili potrebbero aiutare a massimizzare i benefici delle informazioni in tempo reale che i contatori intelligenti dei consumi possono fornire.
Ad ogni modo, non tutti i consumatori risponderebbero allo stesso modo a questi cambiamenti. Un certo “effetto rimbalzo” potrebbe verificarsi nell’applicazione di politiche di efficienza energetica, ma è difficile pensare che queste difficoltà siano tanto elevate da controbilanciare i benefici di tali politiche. Inoltre, le politiche di miglioramento dell’efficienza energetica portano vantaggi molteplici in termini di occupazione, salute e competitività e anche questi potrebbero essere tenuti in grande considerazione.

Per integrare quanto emerge dal rapporto, l’Agenzia europea dell’ambienta ha anche promosso un sondaggio per chiedere ai consumatori un’opinione sulle misure promosse per facilitare la riduzione dei consumi nelle abitazioni.

Definizione e Significato di Titoli di Credito

Un Titolo di Credito, in senso generico, è un sostituto del denaro o uno strumento con il quale è possibile trasferire un diritto da un soggetto ad un altro, diritto indicato all’interno del medesimo titolo, con la consegna del documento contenente anche le modalità di esecuzione.

I Titoli di Credito, quindi, permettono una facile e snella circolazione dei diritti  in essi indicati.    Il Codice Civile nel Libro IV, Libro Quarto “Delle obbligazioni”, Titolo V “Dei  titoli di credito”, Capo I “Disposizioni generali”, Art. 1992 “Adempimento della  prestazione” cita:    “Il possessore di un titolo di credito ha diritto alla prestazione in esso indicata  verso presentazione del titolo, purché sia legittimato nelle forme prescritte dalla  legge”.    “Il debitore, che senza dolo o colpa grave adempie la prestazione nei confronti  del possessore, è liberato anche se questi non è il titolare del diritto”.

Il Titolo di Credito è riassumibile in uno strumento principalmente di tipo  cartaceo  e  di  natura  finanziaria  utilizzabile  nelle  modalità  e  alternative  consentite dalla legge vigente.

Considerando le modalità di trasmissione del  credito, si distinguono in Titoli
-Al portatore:  trasferibili  con  la  consegna  e  il  possessore  ha  diritto  a  ricevere  la  prestazione  in  esso  indicata;  esempio:  banconote,  monete
-All’ordine:  trasferibili con la girata conferendo la titolarità del credito al soggetto  possessore o indicato nel titolo; esempio: assegni bancari, cambiali.
-Nominativi:  intestati a un soggetto specifico e identificabile scrivendo sul titolo il  nome e cognome e altri eventuali dati necessari a rendere univoco il  beneficiario; esempio: i libretti di risparmio.

I titoli di credito rappresentano quindi uno strumento molto importante.