Come Diventare Igienista Dentale

La professione di igienista dentale è regolamentata dal Decreto Ministeriale 15 marzo 1999, n. 137.
Questo professionista si occupa di prevenzione delle affezioni orodentali. Svolge attività di educazione sanitaria dentale e partecipa a progetti di prevenzione primaria nell’ambito del sistema sanitario pubblico; collabora alla compilazione della cartella clinica del paziente odontoiatrico e provvede alla raccolta di dati tecnico-statistici. Inoltre, esegue la detartrasi (pulizia dei denti), gli sbiancamenti dentali professionali e provvede alla levigatura delle radici e all’applicazione di farmaci nel cavo orale.
Istruisce i pazienti sulle varie metodiche di igiene orale e sull’uso dei mezzi diagnostici idonei a evidenziare la placca batterica e la patina dentale, motivando l’esigenza dei controlli clinici periodici; indica, infine, le norme di un’alimentazione corretta ai fini della tutela della salute dentale.

Formazione
Per intraprendere la professione di dietista è necessario conseguire la laurea di primo livello in Igiene dentale, che ha anche funzione abilitante. L’accesso al corso di studi è programmato: bisogna essere in possesso di un diploma di scuola secondaria di secondo grado e superare un test di ammissione, comune a tutti i corsi di laurea appartenenti alla Classe L/SNT03 – Laurea delle professioni sanitarie tecniche. La prova d’accesso viene predisposta annualmente dal MIUR e comprende una serie di domande volte a valutare le capacità logiche e di interpretazione dei testi dei candidati, nonché le conoscenze nelle seguenti discipline: cultura generale e ragionamento logico, biologia, chimica, fisica, matematica.
Per maggiori informazioni sui corsi di laurea attivati presso gli atenei italiani consultare il sito del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.
Dopo aver conseguito la laurea di primo livello è possibile proseguire con gli studi in ambito universitario, frequentando un corso di laurea magistrale nel medesimo ambito. I corsi sono a numero programmato e limitati e vi si potrà accedere solo dietro superamento di una prova di ammissione.

Accesso alla professione
In Italia la professione dell’igienista dentale è regolamentata per legge[4].
Per poterla esercitare è necessario essere in possesso della relativa laurea di primo livello, che ha anche funzione abilitante. Inoltre, è previsto l’obbligo di partecipazione a corsi di aggiornamento e qualificazione, nell’ambito del programma nazionale per la formazione degli operatori della sanità ECM – Educazione Continua in Medicina. Ulteriori informazioni sul sito del Ministero della Salute.
Attualmente l’igienista dentale è una delle professioni sanitarie mancanti di ordine professionale e relativo albo. Infatti, la Legge n. 43 del 2006, che ne prevedeva l’istituzione entro il 4 marzo 2008, a causa della sua complessità, non è stata applicata. A seguito di ciò, il 19 dicembre 2008 è nato il CONAPS – Coordinamento Nazionale delle Associazioni delle Professioni Sanitarie, che ha fra le sue priorità l’equiparazione legislativa di tutte le professioni sanitarie e, di conseguenza, l’istituzione degli albi professionali per quelle professioni che ne sono ancora mancanti.

Nell’Unione Europea
La professione di igienista dentale è presente ed è regolamentata in molti Paesi europei. La libera circolazione è garantita dalle norme del Decreto Legislativo n. 115 del 1992[6], successivamente modificato dal Decreto Legislativo n. 277 del 2003.
I cittadini italiani che hanno conseguito un titolo professionale dell’area sanitaria in Italia e vogliono esercitare la professione in un altro Paese comunitario devono presentare domanda di riconoscimento del titolo all’autorità competente del Paese estero.
Coloro che hanno conseguito all’estero un titolo professionale dell’area sanitaria e intendono esercitare la professione in Italia devono presentare al Ministero della Salute italiano una richiesta di riconoscimento del titolo, utilizzando gli appositi modelli scaricabili direttamente dalla pagina del sito del Ministero.

Scontrino Come Prova Difensiva

Non costituisce prova schiacciante trovare il cliente sprovvisto di scontrino fiscale “in prossimità” del locale commerciale. E non eccepire alcun rilievo fattuale nel verbale di contestazione non significa necessariamente ammettere l’atto evasivo.

Sono questi i principi che allineano diverse Commissioni Tributarie Regionali (CTR Lombardia, Toscana, Emilia-Romagna e Valle d’Aosta) sconfessando i verbali di accertamento del fisco a favore del contribuente imputato di omessa certificazione dei corrispettivi.

La CTR ha accolto il ricorso (contro la sentenza sfavorevole della CTP) di un contribuente che ha dimostrato che dal giornale di fondo del registratore di cassa risultavano, nella stessa frazione oraria, ben quattro scontrini dell’importo dichiarato dal cliente pizzicato sprovvisto da scontrino. Inoltre, il contribuente contestava la circostanza che non ha alcun obbligo (e qualora vi fosse, alcuno strumento) per accertarsi che il cliente conservi lo scontrino nelle vicinanze del bar.

Tra l’altro, nel verbale di contestazione non è stato precisato se il cliente è stato fermato all’uscita del locale o ad una breve distanza dallo stesso. E’ evidente che tale circostanza è importante ai fini dell’accertamento (soggettivo!) del significato di “prossimità”.

Senza perciò dimenticare che lo scontrino fiscale è un documento anonimo non imputabile ad un determinato cliente. E a nulla vale la lieve discordanza (un paio di minuti!) tra l’ora impressa sullo scontrino e quella dell’infrazione rilevata nel verbale di contestazione. E’ importante, invece, che nella fascia oraria considerata risulti dal giornale di fondo del registratore di cassa uno scontrino fiscale per l’importo dichiarato dal cliente.

Dunque, se ricorrono i presupposti, il contribuente può, in sede di giudizio, produrre prove gravi, precise e concordanti idonee a smentire il verbale di contestazione.

Come Lavorare da Casa

Una delle ultime mode in termini di lavoro è quella del lavoro da casa: sempre più spesso consultando gli annunci di lavoro è facile imbattersi in aziende che offrono la possibilità di lavorare direttamente da casa. Ma come fare e quali tipologie di lavoro svolgere?

Innanzitutto il primo limite al lavoro da casa è dettato dalla sfiducia che nutrono le persone nei confronti della qualità e della serietà di tale occupazione: spesso infatti si tende a generalizzare e classificare le offerte di lavoro come non veritiere né gratificanti, soprattutto per quanto riguarda i tanto millantati guadagni facili.

Per questo motivo la diffusione del lavoro da casa stenta ad affermarsi, anche se è in crescita grazie a coloro che sfruttano tali occasioni come secondo lavoro, per guadagnare qualche soldo extra.

Ma quali sono le tipologie di lavoro che possono essere svolte da casa?

Traduzione testi: molti studenti, laureati o anche persone madrelingua, che vivono fuori dal paese di nascita, si dedicano sempre di più a tale attività. E’ necessario iscriversi a siti specialistici o navigare in qualche forum sul web per scoprire centinaia di offerte per traduttori. Il secondo passo è informarsi sui prezzi richiesti da altri traduttori per poter poi fissare compensi competitivi. Anche se a prima vista può apparire un lavoro “semplice e poco impegnativo” occorre una buona preparazione.

Marketing Online: tutti sappiamo quanto sia importante fare marketing per vendere un prodotto e tutti conosciamo le potenzialità del web per ampliare la diffusione di un messaggio. Basta un pc, una connessione internet e il gioco è fatto. Esistono già molti siti online che offrono programmi di affiliazione interessanti e che ti permettono di ottenere buone commissioni per la vendita.

Telelavoro: categoria molto ampia, che varia dal teleselling, ovvero la vendita vera e propria di prodotti e servizi via telefono, al telemarketing, ovvero la pubblicità di servizi, prodotti o offerte particolari. Nel caso del telemarketing lo scopo non è tanto la vendita, ma la conoscenza di un prodotto e la possibilità di fissare un incontro diretto con il potenziale cliente presso gli uffici commerciali dell’azienda.

Segreteria: esistono molti compiti che le aziende delegano a segretarie part time a domicilio, perlopiù riguardanti lavori ripetitivi e di routine, ma comunque necessari per una ottima organizzazione aziendale. Può capitare dunque di ricevere proposte per riorganizzare rubriche telefoniche e indirizzi di clienti, per controllare determinati dati, per organizzare in un particolare ordine le fatturazioni o, più semplicemente, per scrivere lettere e documentazioni ufficiali.

Confezionamento: anche se ormai è sempre più difficile trovare tali offerte, sono pur sempre ricercate figure professionali che possano confezionare piccoli oggetti di vario genere, un po’ come accadeva con le nostre bisnonne che si offrivano di ricamare calzini per neonati o simili.

Scrittura Articoli: con la diffusione del web sono sempre di più le persone e le aziende che cercano di guadagnare online. Ogni azienda lancia molti progetti e blog contemporaneamente e per mantenerli aggiornati è costretta a ricercare copywriter e persone in grado di scrivere articoli: la remunerazione può avvenire in vari modi, da un fisso mensile, ad un “tot” ogni articolo, fino a percentuali ulteriori di guadagno grazie a forme di pubblicità online. Di solito è possibile regolarizzare fiscalmente l’attività tramite la prestazione occasionale.

Consulenze: alcune aziende si dedicano a consulenze, perciò come ben puoi intuire, possono decidere di affidarsi a persone che lavorano da casa per svolgere questa tipologia di lavoro. In tal modo l’azienda riesce a risparmiare i costi legati a eventuali mobili e scrivanie e può limitarsi a fornire fax, computer portatile, stampante e telefono al proprio collaboratore.

Molto interessante.

Come Vestirsi per il Colloquio

Dopo la scuola, c’è chi va all’università, c’è chi invece inizia a cercare lavoro, ragion per cui da lì a poco, probabilmente, si affronteranno dei colloqui di lavoro ed è necessario saper cosa mettersi, come vestirsi, come presentarsi, per fare in modo che si possa fare buona impressione su quello che si spera possa diventare il vostro nuovo capo.

Ma andiamo a vedere cosa risulta essere giusto e cosa no mettersi per affrontare un colloquio di lavoro basandoci su questa guida presente su Colloquiodilavoro.net.

Ovviamente, ci sono diversi tipi di lavoro, perciò esiste un vestiario opportuno per i colloqui che si andranno ad affrontare, e questi vestiari sono estremamente collegati con il lavoro per la quale ci si presenta, ma iniziamo a vedere come vestirsi.

Se vi hanno convocati per un colloquio di lavoro che prevede cameriera, cuoca, o lavori di questo tipo, vestitevi ovviamente con classe, insomma non optate per una tuta da ginnastica, ma evitate tacchi a spillo, stivali, unghie perfette e cose di questo tipo, essendo un lavoro abbastanza di fatica, nella quale bisogna camminare molto ecc, presentarsi con i tacchi a spillo potrebbe far pensare al vostro futuro datore di lavoro che siete delle persone “preziose”, ovvero che non amate sporcarvi le mani, faticare, ecc. perciò un vestiario casual, niente di elegante, il più sobrie possibili.

Invece, se venite convocati per un colloquio di lavoro come segretaria, capo ricevimento o altri lavoro di un certo rango, ovviamente qui per gli uomini, un vestito elegante ci sta benissimo, anche perchè chi fa questi tipi di lavoro è sempre a stretto contatto con il pubblico e una data forma è fondamentale, per le donne un gonna può andare benissimo, una camicia e una giacca, oppure un pantalone lungo e camicia giacca sopra, o comunque che sia un vestito abbastanza elegante ma non troppo, la sfarzosità non è mai buona.

Se venite convocati per un lavoro che prevede la commessa, in base al tipo di negozio, saprete come vestirvi. Ad esempio, se il negozio è di vestiario, cercate di informarvi sul tipo di vestiario che vendono e cercate di vestirvi simile a ciò che vendono, farete capire che vi intendete di vestiario del genere e che comunque utilizzandolo lo conoscete. Se il negozio è di scarpe sportive, vestivi abbastanza sportivi, magari con un panta jazz nero abbastanza sobrio e una maglietta carina moderna e sportiva, niente tute mi raccomando, scarpe da tennis comode e via, se invece il negozio tratta di scarpe eleganti, al colloquio, presentatevi con delle scarpe abbastanza eleganti, ma mai scomode, quindi volendo cercate di preferire delle zeppe e non i tacchi a spillo, anche perchè fare la commessa con i tacchi a spillo non è mai comodo, dovrete avere un aria comunque molto femminile e curata, ma in negozi del genere, se le commesse indossano scarpe da ginnastica o cose di questo tipo, tendono a scartarvi, perciò mi raccomando.

Cercate di conoscere l’azienda per la quale farete il colloquio e cercate di entrare nella loro mentalità, un abbigliamento inadeguato potrebbe farvi perdere il posto.

Marketing Ambientale – Significato e Definizione

La gestione ambientale riguarda i rapporti che intercorrono tra l’azienda e gli stakeholders, ovvero gli azionisti: quindi essa è rappresentata dall’impatto dell’attività aziendale sull’ambiente. Quando si parla di gestione ambientale sono dunque tre i modi in cui l’azienda può dimostrarsi responsabile: 1) le sfide ambientali; 2) le strategie aziendali; 3) la creazione di valore. Attraverso l’adempimento di tali comportamenti l’azienda in questione riesce ad “affrontare” l’ambiente: ciò vuol dire che essa affronta il problema della sua gestione e l’esperienza insegna che nella maggior parte dei casi l’impresa/azienda è in grado di creare valore quando si occupa delle tematiche ambientali. Vediamo nel dettaglio ognuno di questi comportamenti aziendali.

I comportamenti aziendali: le sfide ambientali
Una delle principali sfide ambientali che affronta l’impresa è quello delle leggi e regolamenti internazionali. Uno degli standard più importanti a cui l’azienda può aderire è il cosiddetto regolamento EMAS (tale sigla sta per Eco-Management and Audit Scheme) il qual è uno strumento volontario creato dalla Comunità Europea a cui possono aderire le varie organizzazioni. Ma l’azienda può aderire anche ad altre iniziative: 1.iniziative di enti ed istituzioni internazionali; 2.standard di settore (come il famoso ISO, l’International Organization for Standardization. In questo caso il settore è inteso come quello merceologico); 3.iniziative di enti ed istituzioni locali (un esempio tra tutti è quello di Agenda 21). A loro volta, gli interlocutori delle aziende potranno fornire il loro contributo in questo senso e aumentare la pressione in tema ambientale in diversi modi: a)incentivando la gestione delle materie prime, in particolar modo quella dei rifuti, b)i dipendenti possono richiedere maggiori norme in fatto di sicurezza ambientale, dimostrando così il loro interesse verso queste tematiche, c)l’uso razionale delle risorse e delle fonti di energia, d)gli investitori, come le banche e gli azionisti, hanno la possibilità di dare un impulso alle tematiche ambientali. C’è da dire che, soprattutto in quest’ultimo caso, gli investitori, ma anche altri soggetti come le compagnie di assicurazione (dunque, le persone e gli enti che investono il denaro) non vogliono che l’azienda possa subire il rischio di incappare in ostacoli che facciano generare per essa una situazione finanziaria negativa; inoltre, l’azionista non è interessato ad avere un’impresa/azienda che si dimostri etica, ma più che altro che essa rispetti e segua le normative ambientali, perché questo atteggiamento riflette un suo interesse peculiare. Appare ovvio come le pressioni esercitate da ogni tipologia dei differenti stakeholders spingano la gestione ambientale oltre i confini del business, orientandola verso l’ambiente.

Le strategie aziendali
Sono quattro le strategie aziendali che in sostanza possono essere adottate. Vediamole insieme. A) Miglioramento dell’immagine. È ovvio che un’azienda che ha provocato danni ambientali o il cui marchio è correlato a problematiche di questo tipo, subirà perdite importanti dal punto di vista economico (profitti, clienti…). B) Raggiungimento di nuove fasce maggiormente sensibilizzati verso l’ambiente e i suoi problemi: si crea così una sorta di mercato settoriale. C) Arricchimento e differenziazione dell’offerta: in questo caso si provvederà a rendere il prodotto più innovativo attraverso la sua diversificazione. D) Ricerca di cost-leadership: tale strategia si sostanzia in un particolare comportamento dell’azienda, la quale riorganizza il ciclo produttivo e tende a minimizzare gli scarti. Un ragionamento che può fare un’impresa che vuole adottare il giusto mix di marketing ambientale è questo: “l’azienda non deve essere necessariamente prima in termini di volume di scambi, ma dev’essere unica e quindi riconoscibile”. Un’azienda, per essere unica, deve effettuare scelte ben precise: essa sarà unica se le scelte che ha intrapreso hanno dato luogo a uno sconvolgimento. Quello che dunque interessa è il modo in cui l’azienda opera. Nelle prime tre tipologie di strategia aziendale si distingue il vero e proprio “ruolo verde” dell’impresa: verrà raggiunta una fascia maggiore di clienti sensibilizzati alla tematica ambientale se, ad esempio, l’impresa possiede degli alberghi che adottano prassi eco-compatibili. Invece, nel quarto tipo di strategia se si riesce a canalizzare l’impatto delle attività ambientali, si riapprofondisce il ciclo produttivo.

Comportamenti delle aziende
Sono diversi i comportamenti che assume solitamente un’impresa di fronte all’ambiente. Ecco quelli principali. 1) Aziende assenti. Vengono anche definite come “aziende negative”, in quanto non presentano né pongono alcuna priorità in quest’ambito, dato che hanno scarso o nessun interesse ad approfondire gli aspetti ambientali. 2) Aziende indecise. Le aziende indecise mettono al primo posto tra le loro priorità la conoscenza degli aspetti ambientali: ne conoscono infatti la situazione e l’evoluzione, ma non agiscono di conseguenza, anche perché nella maggior parte dei casi vivono l’aspetto ambientale essenzialmente come un costo. 3) Aziende responsabili. Esse considerano come priorità la conoscenza degli aspetti ambientali, anche in relazione al prodotto che commercializzano: a differenza delle aziende indecise, esse danno risposta alle azioni. 4) Aziende interessate. Le aziende interessate considerano come priorità la conoscenza e la comunicazione degli aspetti ambientali: hanno dunque un quadro molto chiaro della situazione e si relazionano verso l’esterno. 5) Aziende innovative. Considerano come priorità l’ambiente e le implicazioni che potrebbero avere su di esso i loro prodotti: in questo caso c’è dunque una copertura totale di ogni aspetto, che è conosciuto e continuamente aggiornato.